Si parla di alimentazione nel Secondo Principio del Benessere, che non è solo semplice nutrimento ma una reale e concreta occasione di contribuire alla sua crescita emotiva e cognitiva.
Tra le maggiori preoccupazioni dei neogenitori la nutrizione occupa un posto senz'altro di rilievo: cosa, quanto, per quanto tempo, in che misura… Ciò che conta è, come sempre, informarsi e serenamente scegliere l'alimentazione ritenuta più corretta, magari confrontandosi con gli esperti. Il Secondo Principio del Benessere si occupa proprio di questo ed in particolar modo si concentra sul delicato percorso che porta dall’allattamento allo svezzamento.
Ormai è pensiero consolidato che il latte materno non sia “solo” un semplice elemento biologico, ma costituisca anche un rafforzativo del legame mamma-figlio che contribuisce ad accrescere in lui fiducia e sicurezza nelle proprie competenze (empowerment). Il momento del pasto non deve infatti essere inteso solo come nutrimento, che passa dalla scelta di cibi freschi e naturali, ma anche come occasione per preparare insieme le pietanze e condividerle; questo è propedeutico nella riduzione della sua curva di apprendimento e nella promozione dell’armonia e del benessere familiari.
I punti essenziali per attivare questo processo sono 11 e sono tutti riassunti nel Secondo Principio del Benessere.
Già nel Primo Principio del Benessere si era parlato del bonding, il profondo legame mamma-figlio che inizia prima della nascita e che ha il suo primo importante rinforzo con l’allattamento. Il bambino manifesta da subito dei comportamenti istintivi innati, i “riflessi”, come la suzione, che gli permettono di sopravvivere subito dopo la nascita. Queste “abilità” si perfezionano nel corso dei mesi e vengono arricchite dalle esperienze che il bambino fa e che lo portano in maniera naturale a passare dall’alimentazione lattea all’introduzione di cibi più solidi.
In questi mesi il piccolo impara a conoscere i vari gusti, odori e consistenze, perfeziona l’attività muscolare, la deglutizione (e successivamente la masticazione) e, contemporaneamente, sviluppa la maturità digestiva a livello gastrico e intestinale. Ma come anticipato il nutrimento non è solo un'esigenza fisiologica, ma anche occasione di condivisione; è importante che i pasti vengano fatti tutti insieme perché “ai bambini non bisogna insegnare, ma dimostrare come mangiare”.
È ormai scientificamente comprovato che il latte materno sia una risorsa preziosa per lo sviluppo e la crescita del bambino, capace di adattarsi con il passare dei mesi alle esigenze nutrizionali del piccolo. Dal colostro dei primissimi giorni (povero di zuccheri e grassi, ma ricco di sali minerali e vitamine oltre che di fagociti antibatterici e antimicotici) si arriva al latte di transizione in corrispondenza con la cosiddetta “montata lattea”. A un mese dalla nascita il latte materno diventa “maturo” e subisce ancora dei cambiamenti, modificando le percentuali di grassi presenti per meglio soddisfare le richieste via via più importanti di energia.
Il latte materno ha un ruolo determinante per il sistema immunitario del bambino perché gli fornisce le difese necessarie per contrastare i patogeni, attraverso gli anticorpi (le immunoglobuline A – IgA). Inoltre agisce da immunomodulatore arricchendo la microflora dell’intestino del bambino.
Le evidenze scientifiche dimostrano che l’allattamento a richiesta è la metodologia più indicata per seguire le esigenze specifiche del bambino, che variano di giorno in giorno e di mese in mese.
Lasciargli la libertà di mangiare quando ha fame e smettere quando è sazio aiuta il bambino a sviluppare la capacità di autoregolarsi, un fattore che lo protegge e lo proteggerà per tutta la vita dal rischio di obesità.
Cosa può fare allora il genitore per capire se il bambino si sta sufficientemente nutrendo? Il sistema della “doppia pesata” (pesare il piccolo prima e dopo la poppata) è stato visto non essere per nulla attendibile; un buon indicatore può essere il numero di pannolini consumati nel giorno. Ma, senza dubbio, la cosa migliore è fare affidamento ai controlli mensili del pediatra durante i quali vengono valutati tutti gli indicatori di crescita del piccolo. Infine è bene evidenziare che l’OMS raccomanda l’allattamento esclusivo al seno fino ai sei mesi di vita; i primi alimenti complementari devono essere introdotti senza togliere o limitare il latte materno; se mamma e bambino lo desiderano l’allattamento al seno può proseguire fino addirittura ai due anni del bambino.
L’allattamento deve essere un momento vissuto con serenità, sia per mamma che per bambino; per questo è bene individuare la posizione migliore per entrambi, sperimentando tra le varie opzioni.
Le più diffuse, e approvate dalla scienza, sono 6, così come riportato dal Comitato Scientifico della Baby Wellness Foundation:
- Breast crawl - “La mamma si appoggia con la schiena ad alcuni cuscini sostenuti dal divano, dalla testata del letto o da una poltrona, posa il bambino sul suo petto, pancia contro pancia, in posizione verticale e lascia che sia lui a trovare il capezzolo e succhiare il latte. La mamma è in una posizione rilassante e il piccolo può muoversi liberamente e seguire il suo istinto.”
- Presa di transizione - Consigliata soprattutto per le prime poppate, questa posizione consente alla mamma di controllare l’attacco e fa sentire il piccolo ben protetto, così che possa rilassarsi e pensare solo a mangiare. La mamma lo tiene con un braccio, ben aderente al corpo ed eventualmente con i piedini sotto la sua ascella, e lo attacca al seno opposto.
- Posizione a culla - Variante della precedente, questa posizione viene utilizzata dalla maggior parte delle mamme, soprattutto quando si è fuori casa: la mamma sorregge il bambino con un braccio, tenendolo rivolto contro il suo corpo con il naso davanti al capezzolo, e lo attacca al seno dello stesso lato, avendo così una mano libera.
- Posizione da rugby o sottobraccio - Indicata in caso di parto cesareo o quando il piccolo è un po’ pigro ad attaccarsi, in questa posizione il corpo del bambino è sotto il braccio della mamma, dallo stesso lato del seno da cui sta poppando, che gli sorregge la testa con le dita, tenendola di fronte al seno, mentre i piedini sono rivolti verso la schiena materna.
- Allattamento da sdraiate - Posizione ideale per riposare un po’, la mamma è distesa su un fianco, corpo a corpo con il piccolo, con il suo viso davanti al seno e il naso all’altezza del capezzolo, e lo aiuta a stare in posizione, tenendo il braccio dietro la sua schiena.
- Posizione della lupa - Raccomandata in caso di dotti ostruiti o ingorghi mammari, in questa modalità il neonato è sdraiato supino in mezzo al lettone e la mamma si colloca a quattro zampe sopra di lui per allattarlo dall’alto. La forza di gravità e la suzione del bambino favoriscono lo svuotamento e alleviano la sensazione di tensione del seno.
Qualunque sia la posizione prescelta, che è assolutamente a discrezione di mamma e bambino, è bene verificare sempre che l’attacco del bambino al seno sia corretto: il nasino deve trovarsi esattamente di fronte al capezzolo, la bocca deve essere ben aperta e comprendere buona parte dell’areola, mai solo il capezzolo. In questo modo si limitano le possibilità di dolore per la madre e si vive l’allattamento come un momento sereno e rilassante.
Purtroppo è molto diffusa la credenza che non tutte le neomamme siano in grado di allattare in maniera esclusiva al seno: poco latte, non nutriente, il bambino si stanca e non mangia. Sono moltissimi i commenti e le opinioni, il più delle volte non richiesti, che si è costrette a sentire nei primi mesi e che creano solo frustrazione, senso di colpa, disagio.
Ecco perché è bene sempre seguire il proprio istinto e sapere che in ogni caso ci sono esperti pronti a consigliare e a guidare la neomamma in questo momento magico; è solo una questione di disinformazione, perché nessuna neomamma, tranne rarissimi casi, non ha le potenzialità per alimentare con il proprio latte il piccolo appena nato.
Oggi si tende a parlare di “alimentazione complementare” anziché “svezzamento”, proprio per suggerire che il latte materno non deve essere considerato un “vezzo da togliere” ma che invece costituisce ancora una parte fondamentale dell'alimentazione del piccolo. Come per ogni fase della crescita, anche nel passaggio all’alimentazione complementare ogni bambino ha tempi e modi tutti suoi; come sempre l'importante è rispettare i suoi tempi (sbagliatissimo forzarlo a mangiare!) e i suoi gusti, così da fargli vivere il momento del pasto come un’occasione serena di crescita e di scoperta.
E se a 6 mesi il piccolo non vuole sperimentare, lo farà quando si sentirà pronto: niente panico e niente forzature! Il mangiare deve essere un piacere, da qui anche l’invito a farlo tutti insieme, allo stesso tavolo e a coinvolgere il piccolo nella preparazione delle pietanze.
Abbiamo sottolineato più volte l’importanza del latte materno, anche quando l’alimentazione del bambino inizia ad evolvere verso pasti più solidi; c’è però da dire che superati i 6 mesi le riserve di Ferro accumulate dal bambino di vita durante la gravidanza giungono a esaurimento, così come l’apporto energetico. Fondamentale è allora passare all’alimentazione complementare; inoltre il bambino ai 6 mesi è capace di stare seduto in maniera eretta e inzia a sviluppare la muscolatura idonea per deglutire piccole quantità di cibo in forma semiliquida. Per questo secondo l’OMS l’età giusta per avviare l’introduzione di alimenti complementari è dai 6 mesi.
Dai 6 agli 8 mesi, le linee guida dell’OMS raccomandano di introdurre 2-3 piccoli pasti al giorno di alimenti complementari, continuando intanto ad allattare a richiesta. Dagli 8 ai 12 mesi i pasti possono diventare 3-4, per poi aggiungere 1-2 spuntini al giorno dopo l’anno.
Quando il bambino inizia a mangiare in posizione eretta è bene dotarsi di un seggiolone e successivamente di seggiolino da tavolo; sono dei prodotti che aiutano l’autonomia e permettono la condivisione del pasto stando tutti seduti presso la stessa tavola. Per la scelta del cibo e la quantità da offrire, dal documento dell’OMS si evince che:
tante linee guida locali sono eccessivamente prescrittive e si basano su tradizioni culturali più che sull’evidenza scientifica. Non è importante introdurre prima il riso o prima la tapioca, prima il pollo o prima il vitello, né pesare al milligrammo gli ingredienti. Quel che conta è la varietà, al fine di garantire un apporto equilibrato di principi nutritivi.
E anche per le dosi è difficile dare delle linee guida rigide, poiché il bambino “deve essere incoraggiato a riconoscere il senso di sazietà e non deve necessariamente finire tutto quello che ha nel piatto. Meglio regolarsi sul suo appetito”.
Solitamente i primi alimenti diversi dal latte vengono presentati al bambino sotto forma di passati, brodini e pappe e somministrati col cucchiaino senza un coinvolgimento attivo del piccolo. Negli ultimi anni, però, si sta diffondendo la pratica dell’autosvezzamento, ovvero vengono offerti al bambino fin da subito piccoli pezzi degli stessi alimenti consumati dal resto della famiglia e viene invitato ad afferrarli, portarli alla bocca e assaggiarli da solo, assecondando la sua curiosità e il suo appetito.
In linea teorica, questa modalità consentirebbe di stimolare l’autonomia e la capacità di auto-regolazione del bambino, e lo abituerebbe fin da subito ad una maggiore varietà di sapori e consistenze. In realtà non esistono ancora evidenze scientifiche che avvalorino questa tesi; sono diverse invece le voci dei pediatri preoccupati che l’auto-svezzamento possa portare a più alte possibilità di soffocamento e di malnutrizione. Tuttavia, anche in questo caso, gli studi sono ancora pochi per avvalorare queste opinioni.
Studi recenti hanno completamente ribaltato la convinzione che alcuni alimenti associati alle allergie come il pomodoro, il pesce, il rosso d’uovo, noci e nocciole, possano essere introdotti non prima dei 12-15 mesi. Ad oggi è stato infatti provato che “l’esposizione a potenziali allergeni o al glutine dopo i 4 mesi di vita non aumenta la probabilità di insorgenza di allergie o celiachia nei bambini in generale e nemmeno in quelli ad alto rischio (quelli con familiari allergici).” Anzi, ci sarebbe anche un lieve calo del rischio che questo avvenga. La raccomandazione degli esperti è dunque quella di
allattare al seno in esclusiva per 6 mesi e poi avviare l’alimentazione complementare senza la necessità di osservare un particolare ordine nell’introduzione degli alimenti.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità e il nostro Ministero della Salute affermano che, sebbene possa essere introdotto in piccole dosi già a partire dai 6 mesi, è bene che il latte di mucca non costituisca l’alternativa del latte materno o del latte in formula. Questo perché pur essendo un alimento ricco di energia, proteine e calcio, è più povero di ferro del latte umano ed è meno digeribile a livello intestinale. Inoltre “la concentrazione eccessiva (per le esigenze di un bambino) di proteine nel latte di mucca, potrebbe favorire la sua predisposizione al sovrappeso negli anni successivi.”
Pappe fatte in casa o cibi pronti industriali? Gli alimenti preparati a casa sono più nutrienti di quelli industriali, quanto a densità calorica, contenuto di proteine e di ferro (anche un po’ troppo ricchi di sale rispetto a quanto raccomandato dagli specialisti); mentre quelli industriali, sebbene non possano contenere zucchero aggiunto per legge, fanno ricorso a succo di frutta e vegetali dolci, come zucca, carota e patata, per rendere il gusto più appetibile ai bambini.
Dal punto di vista scientifico non ci sono però molti studi che confrontano le pappe preparate in casa con quelle industriali; tutto quello che attualmente sappiamo è che le prime vengono preparate con materie prime senza conservanti (di solito) ma meno controllate, mentre quelle industriali possono avere una più alta concentrazione di conservanti ma sono sottoposte a dei rigidi test di qualità.
A conclusione del Secondo Principio del Benessere, tutto incentrato sull'alimentazione, non si possono non citare i sostituti del latte materno: il latte “in formula” che, sebbene simile dal punto di vista nutrizionale, non riesce a sostituire completamente il latte materno.
Per saperne di più, anche su questo aspetto, basta consultare il sito ufficiale di Baby Wellness Foundation alla pagina dedicata al Secondo Principio del Benessere:
https://babywellnessfoundation.org/il-miglior-nutrimento-fin-dall-inizio/
Vuoi ricevere notizie e approfondimenti originali sul benessere del bambino?
Iscriviti alla nostra newsletter e avrai subito in regalo la guida dedicata al tuo bambino in arrivo e alla gravidanza "Il benessere in gravidanza".